Mentre, come ormai inevitabile, il Colonnello Gheddafi riconquista progressivamente il potere su tutto il Paese africano, sarebbe opportuna una profonda autocritica da parte dell’Europa sul comportamento tenuto durante tutta la crisi.
Mai come in questa occasione la sedicente “unione” europea ha tenuto un atteggiamento ondivago, frastagliato, profondamente differenziato di paese in paese. Francia e Regno Unito “falchi”, Italia e compagnia “colombe”. Ma nessuno ha veramente preso posizione in una direzione o nell’altra.
La premessa del ragionamento è la legittimità, o meno, da parte di Gheddafi, di difendersi da una rivolta interna. Secondo noi questa legittimità sussiste, perchè non si è trattato di una rivolta “democratica”, o per lo meno progressivamente costruita con mezzi pacifici godendo magari dell’appoggio dell’Europa o di qualche stato, bensì di una rivolta armata. E un governo, di qualsiasi tipo sia, può legittimamente difendersi da una rivolta, altrimenti avrebbe abdicato a priori al suo status di potere legittimamente costituito.
In Libia l’intreccio tra politica ed economia è indistinguibile: le compagnie straniere assetate di petrolio, Eni in testa, devono, per poter operare, scendere quotidianamente a patti col potere. Il problema è che gli interessi italiani nel paese nordafricano sono talmente profondi che l’atteggiamento del nostro governo, in questo caso, è stato veramente incerto.
Oggi Gheddafi minaccia di sostuituire le società europee operanti in Libia con compagnie cinesi. E forse farebbe bene! Per noi sarebbe un’ulteriore smacco, a livello continentale, di fronte all’avanzata asiatica su tutti i mercati. Per la Cina, la conferma che è possibile utilizzare la leva delle instabilità africane per conquistare inesorabilmente nuovi giacimenti di materie prime ad un passo dall’Europa.
L’Italia non è stata in grado di esprimere una posizione certa, nè a sostegno del Colonnello per tutelare decenni di investimenti vitali in campo energetico, nè contro, aderendo in questo modo ad un’opzione militare multilaterale che avrebbe sgomberato il campo da un governo dittatoriale e perciò comunque scomodo.
Sullo sfondo, è vero, c’è sempre la consapevolezza della fragilità del concetto di democrazia in Africa: alla fine, i governi europei hanno sempre preferito puntare su parner dittatoriali ma stabili, piuttosto che su fragili democrazie quotidianamente sottoposte ai capricci tribali.
Lo sfondo di questa vicenda, che a posteriori emerge fino a trasformarsi in un primo piano, è l’endemica debolezza dell’Europa a tutti i livelli: politico, diplomatico ed economico. Di fronte all’instabilità nordafricana ed all’immigrazione galoppante, l’Europa in pratica è come se non esistesse, rifiutandosi persino di dare un appoggio concreto all’italia per smistare i clandestini che stanno ogni giorno di più invadendo la Sicilia.